Ricordo di Giorgio Piombini
di Davide Masarati

Ho collaborato con Giorgio Piombini per venticinque anni e prima di me, per altri undici anni, mio padre. Trentasei anni di vita musicale, di rapporto entusiasticamente collaborativo: due organisti e un maestro del coro uniti da una costante e convinta dedizione al servizio musicale nella liturgia, in un contesto, quello della Cappella Musicale di S. Biagio di Cento, straordinario per longevità e continuità (attività ininterrotta sin dal 1589). Visto il lungo periodo vissuto insieme nella appassionata attività musicale e soprattutto per la sincera amicizia e reciproca stima che ha sempre legato chi scrive e Giorgio Piombini, mi permetterò di chiamarlo per nome in questo breve resoconto e omaggio al suo lavoro e alle sue opere.

Succeduto a mio padre nella carica di organista titolare nel maggio del 1981, fui immediatamente coinvolto da Giorgio nell’arricchimento del repertorio della Cappella Musicale. La buona conoscenza da parte mia delle potenzialità dell’organo dei Fratelli Benedetti della Basilica e la condivisa volontà del maestro di evitare accuratamente le “pallide” composizioni liturgiche per organo e coro realizzate negli anni del post-concilio, caratterizzarono per tanti anni e caratterizzano tutt’ora l’azione musicale liturgica della Cappella di S. Biagio. Giorgio ha compiuto una preziosa opera di ricerca, selezione e studio di decine di brani di autori quali Haendel, Bach, Haydn, Mozart, brani che ottimamente si prestano ai tempi e ai caratteri dei vari momenti della liturgia.

Terminata questa solitaria fase preparatoria, pazientemente iniziava il suo lavoro direttoriale con un coro formato perlopiù da cantori appassionati, senza particolari conoscenze musicali; contemporaneamente svolgeva un paziente lavoro di trascrizione della partitura orchestrale e di riduzione per l’organo. Giorgio in questo era davvero abile e i suoi lavori risultavano da subito di grande effetto e perfettamente rispondenti alle esigenze esecutive dell’organista. E fu così che la Cappella Musicale di S. Biagio si è distinta per un uso “orchestrale” dell’organo e tanti capolavori, tratti dalle opere sacre e dagli oratori dei più grandi compositori del barocco e del classico, accompagnarono innumerevoli momenti liturgici, con buona pace di Monsignor Baviera, il parroco di S. Biagio, fervente appassionato della musica dei grandi. Giorgio, appena ve n’era l’occasione e la sostenibilità economica, rispolverava la partitura orchestrale, impugnava la bacchetta e dirigeva col pieno organico, dando vita ad eventi indimenticabili, come nel 1989, quarto centenario della Cappella Musicale di S. Biagio con l’esecuzione della Messa del Riccieri, autore “riscoperto” e fatto rinascere dalla solerzia del nostro. Mi ci volle qualche anno per scoprire che Giorgio era diplomato sia in pianoforte che in clavicembalo: modestia di altri tempi che a volte mi parve quasi eccessiva. Ricordo che in occasione di un concerto c’era da accompagnare, al clavicembalo, un flautista. Giorgio cercò di smarcarsi chiedendo a me se ero disponibile, ma io gli dissi che tra i due era lui il diplomato in clavicembalo e così potei vederlo all’opera (l’unica volta) come esecutore e fui sorpreso non solo per l’impeccabile esecuzione, ma anche per la musicalità e la perfetta conoscenza delle prassi esecutive della musica antica. In un mondo dove conoscenze altolocate e curricula enciclopedici rappresentano comode chiavi di accesso ai ruoli che contano, Giorgio si destreggiava con saldo sapere musicale (pudicamente poco vantato), con virtuosa costanza nell’impegno, con una passione incrollabile per il repertorio storico del periodo “aureo” della musica sacra, quello che va da Palestrina a Mozart.

Come direttore di coro Giorgio era bravo e capace, poteva vantare un’esperienza di oltre mezzo secolo, vissuta presso le realtà corali più importanti della diocesi di Bologna e possedeva una conoscenza straordinaria della liturgia, che gli permetteva di guidare coro, organista e fedeli con precisione assoluta.
Lavorare insieme per tanti anni ci permise di superare anche la difficoltà logistica della distanza fisica del coro dall’organo, problema che ha indotto (ahinoi) molti parroci a realizzare consolle elettriche o ad acquistare organi elettronici e pianole da sistemare in mezzo ai coristi. Dopo un paio d’anni di rodaggio, l’intesa divenne davvero perfetta e questo ci permise di affrontare brani sempre più impegnativi: parti della messa in si minore di Bach, i mottetti di Mozart, ed alcune composizioni del repertorio del barocco bolognese.

Nel suo lavoro di bibliotecario del Civico Museo Bibliografico Musicale di Bologna, Giorgio fu punto di riferimento importante e spesso vitale per innumerevoli studiosi provenienti da tutto il mondo. Io stesso, allievo poi neo diplomato del Conservatorio Martini di Bologna, mi rivolsi a lui tante volte nelle azioni di ricerca e sempre ottenni risposte certe. Il suo lavoro, anche in questa attività, rivelò sempre una sano desiderio di migliorare, di rinnovare, di valorizzare, non per il desiderio di personale “visibilità”, ma con lo scopo di dare visibilità agli immensi valori librari posti sotto la sua responsabilità, e di coinvolgere e gratificare i suoi collaboratori che quotidianamente e con lo stesso entusiasmo lavoravano nella storica sede di Piazza Rossini. Ricordo che Giorgio si muoveva tra le migliaia di opere del CMBM con una sicurezza assoluta, andando a segno, in pochi minuti, anche nella ricerca più difficoltosa. Tanti sono i musicisti che hanno goduto della sua collaborazione e dei suoi ritrovamenti: musicologi, organisti, cembalisti, direttori di coro, filologi. Giorgio era fatto così, non serbava gelosamente le sue piccole o grandi scoperte ma amava condividerle e parlarne, certo di fare, innanzitutto, un doveroso servizio all’arte musicale.

La sua grande passione e l’ambito nel quale, a mio avviso, eccelleva era il canto gregoriano. Oltre a formare il coro “Angelica”, sempre nell’ambito delle attività della Cappella Musicale di S. Biagio, era sempre alla ricerca di nuove occasioni liturgiche per inserire antifone, responsori, inni, sequenze, suggerendomi, a volte, di improvvisare nella prassi dell’alternanza. Anche in questa attività la conoscenza del latino unita ad un senso acutissimo dell’azione liturgica, hanno permesso a Giorgio di guidare coristi e organista in un percorso musicale tanto in voga in epoche passate e purtroppo così poco frequentato oggi. L’amore per l’organo lo indusse ad azioni le più svariate: aiuto organaro nel ripristino dell’organo di Montorio, consulente preparato e convincente nelle azioni di restauro e valorizzazione di strumenti collocati, in taluni casi, in chiese sperdute nei posti più impensabili dell’Appennino, collaboratore generoso e disinteressato di molte parrocchie nella formazione di cori e di ripresa della prassi musicale con organo (a canne!), organizzatore infaticabile e direttore artistico per vent’anni della rassegna “Itinerari Organistici nell’Appennino Bolognese”. Molti sono gli strumenti storici “salvati” da questa sua opera meritoria e resa nel più autentico volontariato. Pianista, organista, cembalista, musicologo, liturgista, organizzatore, docente, ma soprattutto direttore di coro, tanti sono stati i ruoli che l’amico Giorgio sapeva interpretare con uno stile fatto non solo di professionalità e competenza, ma anche di disponibilità, generosità, lealtà, affidabilità, equilibrio.

Io lo ricordo col suo sorriso affabile, puntuale come un orologio, attendermi in sagrestia, prima di ogni esecuzione della Cappella Musicale di S. Biagio, con il programma musicale provvisto delle preziose istruzioni che ci permettevano sempre di svolgere al meglio due mestieri antichi e bellissimi, l’organista ed il maestro di cappella, e sempre ed esclusivamente “a maggior gloria di Dio”.